Pandora Tv su web e satellite, parte da Cagliari la controinformazione da e per i cittadini, non serva del potere di Michela Pibiri
Fu la curiosità a scoperchiare il vaso che Zeus donò a Pandora, la prima donna dell'umanità. Il mito giustifica così l'esistenza di tutti i mali del mondo, rinchiusi per non alterare l'equilibrio di una neonata umanità illusoriamente perfetta, mai afflitta da vecchiaia, malattie, guerre, sofferenze, morte. Pandora aprì il vaso sfidando a viso aperto il potere divino, lasciando libere le “sciagure luttuose”, ma dando la luce anche ad una fragile entità chiamata Speranza.
Oggi il vaso è di nuovo pieno. Perché la curiosità è qualità rara e perché sfidare il potere è un atto kamikaze. Il potere, oggi, ricaccia dentro il vaso ciò che non vuole mostrare. E ciò che non si vede non esiste: questo è l'assioma fondamentale della televisione italiana, con i sei canali principali che dicono tutti la stessa cosa, ma, soprattutto, tacciono la stessa cosa. Da Ustica a Chiaiano fino a Genova, emblemi macroscopici di un'Italia fatta di quotidiane verità negate e di domande mai poste, che col tempo si trasformano in buchi neri nella memoria collettiva: chi avrà il coraggio di scoperchiare il vaso? Chi farà domande in mezzo a tutto questo rumore?
Una risposta tenta di darla Giulietto Chiesa, che nel febbraio 2008 concepisce l'idea di una TV completamente libera ed indipendente, al servizio dell'informazione senza padroni. Una TV che parta dal basso, dalla gente, per tornare alla gente come massa critica, chiamata Pandora: la scatola aperta. In entrata e in uscita.
Detto così sembra pura utopia, visto l'ambizioso obiettivo di risvegliare dal torpore le coscienze atrofizzate dalla realtà virtuale del nostro sistema dell'informazione. Eppure, quel progetto che strada facendo ha riunito Lidia Ravera e Furio Colombo, Elio Veltri e Francesco di Stefano, Vauro e Diego Novelli, David Riondino e Chiara Valentini e un numero considerevole di altri giornalisti e registi, italiani e stranieri; quel progetto i cui presupposti sono gli stessi tracciati da Marco Travaglio ne “La scomparsa dei Fatti” sta giungendo al termine della sua gestazione e debutterà come web TV entro la prima settimana di dicembre, per poi sbarcare su Sky 924 (non criptato) e su altri canali della TV satellitare.
Non è un caso che la presentazione del progetto abbia scelto come sede privilegiata Cagliari, in una terra in cui le grandi domande mai poste dalla stampa si possono declinare in versione poligono di Quirra, o base NATO maddalenina. Alla presenza di Udo Gümpel, direttore del nuovo format, venerdì si sono confrontati sullo stato dell'informazione sarda Claudia Zuncheddu, Pino Cabras, Mariella Cao, Gianluca Medas, Lucia Muzzetto e Nanni Sortino, coordinati da Vito Biolchini ed Elio Turno Arthemalle. Si è delineato il noto panorama di monocrazie, clientelismi, censure e omissioni. Che, naturalmente, non riguardano solo la televisione. “La stampa stravolge tutto con una disinvoltura sconcertante. Parlo da consigliera comunale perennemente maltrattata, perché non ho fatto compromessi con nessuno, e quindi risulto incontrollabile”, ha affermato Zuncheddu. “Pandora mi ricorda l'esperienza di Radio Alter, che aveva un potere immenso ma è morta di povertà. Abbiamo preferito così, piuttosto che venderla a uno qualunque degli imprenditori o politici interessati a comprarla. Pandora sarà utile a tutti, ma soprattutto ai sardi”.
“Pandora è il tentativo di trasferire ciò che si dice all'interno di piccoli gruppi composti da chi si informa sul web, legge i quotidiani e i libri d'inchiesta ad un contesto più esteso, a tutte quelle persone che guardano solo la televisione” ha detto Pino Cabras, autore di “Strategie per una guerra mondiale” e fondatore di Megachip. “È uno strumento di autodifesa della democrazia, che si allontana dai modelli pubblicitari della TV attuale, in cui non c'è spazio per la riflessione. Beppe Grillo ritiene che Pandora non abbia futuro perché la TV è morta a vantaggio della rete. Ma si tratta di un'analisi sbagliata, perché la comunicazione oggi è un sistema integrato che viaggia su più piattaforme. Il potere del messaggio televisivo è ancora molto forte. E bisogna portare le informazioni delle realtà locali”.
“Ma perché” ha chiesto Arthemalle “una nuova TV dovrebbe avere più potere di penetrazione di programmi come Report, o Blu Notte? Bisogna non soltanto dare una voce a chi non ce l'ha, ma anche dare qualcosa da dire a chi non ha una niente da dire”. E quindi, come sottolineato da Cabras, “ricostruire una massa critica di telespettatori capaci di identificarsi in un prodotto televisivo”. E il pensiero è andato a Sandro Curzi, che riuscì - pur nella sua stretta aderenza partitica - a creare una Tv con una forte identità culturale, rappresentando 15 milioni di italiani.
Sono tornate spesso, come un ritornello, le constatazioni sulla complicità che lega il giornalista al politico. Udo Gümpel ha parlato dell'informazione italiana come di un carnevalesco mondo alla rovescia, sottolineando più volte che nel “mondo normale” certe cose non succedono. Il mondo normale, detto con semplicità, senza ironia: è la misura dell'opinione che la stampa internazionale ha di noi. “Lo scopo di Pandora è reintrodurre un concetto caro alla stampa internazionale: i giornalisti devono essere temuti dai politici, non viceversa. E non bisogna fare sconti per nessuno”. Ecco perché nel gruppo dei promotori di Pandora la scelta per la direzione è caduta su un giornalista tedesco: come garanzia di estraneità dai partiti, compreso quello della pagnotta, “così forte da costringere molti colleghi all'autocensura”. Ma come funzionerà Pandora?
“L'interfaccia principale resta, per il momento, il web: il sito camminerà su due binari, uno dei quali pubblicherà il materiale inviato dagli utenti registrati, che sarà vagliato da un curatore. L'altro sarà il lavoro prodotto dalle redazioni, che sono gruppi di professionisti dislocati in 4-5 città italiane, gli stessi che hanno realizzato il video promozionale (su www.pandoratv.it). 3700 persone hanno già aderito al progetto, e ci stiamo avvicinando alla cifra di 1000 persone che hanno sottoscritto, donando 100 € ciascuno.” Una campagna di sottoscrizione indispensabile per affrancarsi da qualunque padrone, creando uno strumento d'informazione democratico e partecipato. E un appello: “C'è qualcuno che non deve fare un favore a nessuno che sia disposto a portare servizi sulla realtà sarda? Magari questioni legate al conflitto d'interessi di Soru?” ha chiesto Gümpel . E poi un dilemma: le adesioni e gli ascolti varranno l'etichetta di Pandoriani, Pandoristi o Pandorini? “Non importa. Il concetto è che scegliete voi”.
Più di dieci anni fa Wolfgang Achtner, corrispondente dall’Italia per diverse testate anglo-americane, nel saggio “Penne, antenne e quarto potere” faceva a pezzi il sistema dell’informazione pubblica e privata del nostro Paese: sciatto, irregimentato, irresponsabile. Oggi la bocciatura è ancora più pesante. Un altro corrispondente straniero in Italia, il tedesco Udo Gümpel, nei giorni scorsi a Cagliari ha spiegato perché, se non un altro mondo, almeno un altro giornalismo è possibile. Neo-direttore del nascente format Pandora, Gümpel trova assurdo ciò che a noi sembra normale: «La commissione di vigilanza Rai è composta da 40 parlamentari. Ergo la politica vigila sui giornalisti del servizio pubblico e li controlla. Al contrario sarebbero i giornalisti a dover controllare i politici. Nel resto del mondo i politici temono i giornalisti, i quali devono rendere conto solo ai cittadini, non sono subordinati a questo o a quel potere.» Dunque c’è sete di un’informazione libera ed indipendente. Un’utopia? All’estero esiste, è la norma. «Pandora è una scommessa che si può vincere, migliaia di persone hanno già aderito e si sono quotate e molti giornalisti, fra loro anche stranieri commossi e preoccupati per l’anomalia dell’informazione italiana, si sono offerti di collaborare. E non è un caso che abbiano scelto uno straniero per dirigere un format italiano. È più trasparente che un giornalista straniero non appartenga a consorterie di nessun tipo». Triste ma vero. È una garanzia. *Scrittore
2 commenti:
Da L'Altravoce
sabato 29 Novembre 2008
Pandora Tv su web e satellite, parte
da Cagliari la controinformazione
da e per i cittadini, non serva del potere
di Michela Pibiri
Fu la curiosità a scoperchiare il vaso che Zeus donò a Pandora, la prima donna dell'umanità. Il mito giustifica così l'esistenza di tutti i mali del mondo, rinchiusi per non alterare l'equilibrio di una neonata umanità illusoriamente perfetta, mai afflitta da vecchiaia, malattie, guerre, sofferenze, morte. Pandora aprì il vaso sfidando a viso aperto il potere divino, lasciando libere le “sciagure luttuose”, ma dando la luce anche ad una fragile entità chiamata Speranza.
Oggi il vaso è di nuovo pieno. Perché la curiosità è qualità rara e perché sfidare il potere è un atto kamikaze. Il potere, oggi, ricaccia dentro il vaso ciò che non vuole mostrare. E ciò che non si vede non esiste: questo è l'assioma fondamentale della televisione italiana, con i sei canali principali che dicono tutti la stessa cosa, ma, soprattutto, tacciono la stessa cosa. Da Ustica a Chiaiano fino a Genova, emblemi macroscopici di un'Italia fatta di quotidiane verità negate e di domande mai poste, che col tempo si trasformano in buchi neri nella memoria collettiva: chi avrà il coraggio di scoperchiare il vaso? Chi farà domande in mezzo a tutto questo rumore?
Una risposta tenta di darla Giulietto Chiesa, che nel febbraio 2008 concepisce l'idea di una TV completamente libera ed indipendente, al servizio dell'informazione senza padroni. Una TV che parta dal basso, dalla gente, per tornare alla gente come massa critica, chiamata Pandora: la scatola aperta. In entrata e in uscita.
Detto così sembra pura utopia, visto l'ambizioso obiettivo di risvegliare dal torpore le coscienze atrofizzate dalla realtà virtuale del nostro sistema dell'informazione. Eppure, quel progetto che strada facendo ha riunito Lidia Ravera e Furio Colombo, Elio Veltri e Francesco di Stefano, Vauro e Diego Novelli, David Riondino e Chiara Valentini e un numero considerevole di altri giornalisti e registi, italiani e stranieri; quel progetto i cui presupposti sono gli stessi tracciati da Marco Travaglio ne “La scomparsa dei Fatti” sta giungendo al termine della sua gestazione e debutterà come web TV entro la prima settimana di dicembre, per poi sbarcare su Sky 924 (non criptato) e su altri canali della TV satellitare.
Non è un caso che la presentazione del progetto abbia scelto come sede privilegiata Cagliari, in una terra in cui le grandi domande mai poste dalla stampa si possono declinare in versione poligono di Quirra, o base NATO maddalenina. Alla presenza di Udo Gümpel, direttore del nuovo format, venerdì si sono confrontati sullo stato dell'informazione sarda Claudia Zuncheddu, Pino Cabras, Mariella Cao, Gianluca Medas, Lucia Muzzetto e Nanni Sortino, coordinati da Vito Biolchini ed Elio Turno Arthemalle. Si è delineato il noto panorama di monocrazie, clientelismi, censure e omissioni. Che, naturalmente, non riguardano solo la televisione. “La stampa stravolge tutto con una disinvoltura sconcertante. Parlo da consigliera comunale perennemente maltrattata, perché non ho fatto compromessi con nessuno, e quindi risulto incontrollabile”, ha affermato Zuncheddu. “Pandora mi ricorda l'esperienza di Radio Alter, che aveva un potere immenso ma è morta di povertà. Abbiamo preferito così, piuttosto che venderla a uno qualunque degli imprenditori o politici interessati a comprarla. Pandora sarà utile a tutti, ma soprattutto ai sardi”.
“Pandora è il tentativo di trasferire ciò che si dice all'interno di piccoli gruppi composti da chi si informa sul web, legge i quotidiani e i libri d'inchiesta ad un contesto più esteso, a tutte quelle persone che guardano solo la televisione” ha detto Pino Cabras, autore di “Strategie per una guerra mondiale” e fondatore di Megachip. “È uno strumento di autodifesa della democrazia, che si allontana dai modelli pubblicitari della TV attuale, in cui non c'è spazio per la riflessione. Beppe Grillo ritiene che Pandora non abbia futuro perché la TV è morta a vantaggio della rete. Ma si tratta di un'analisi sbagliata, perché la comunicazione oggi è un sistema integrato che viaggia su più piattaforme. Il potere del messaggio televisivo è ancora molto forte. E bisogna portare le informazioni delle realtà locali”.
“Ma perché” ha chiesto Arthemalle “una nuova TV dovrebbe avere più potere di penetrazione di programmi come Report, o Blu Notte? Bisogna non soltanto dare una voce a chi non ce l'ha, ma anche dare qualcosa da dire a chi non ha una niente da dire”. E quindi, come sottolineato da Cabras, “ricostruire una massa critica di telespettatori capaci di identificarsi in un prodotto televisivo”. E il pensiero è andato a Sandro Curzi, che riuscì - pur nella sua stretta aderenza partitica - a creare una Tv con una forte identità culturale, rappresentando 15 milioni di italiani.
Sono tornate spesso, come un ritornello, le constatazioni sulla complicità che lega il giornalista al politico. Udo Gümpel ha parlato dell'informazione italiana come di un carnevalesco mondo alla rovescia, sottolineando più volte che nel “mondo normale” certe cose non succedono. Il mondo normale, detto con semplicità, senza ironia: è la misura dell'opinione che la stampa internazionale ha di noi. “Lo scopo di Pandora è reintrodurre un concetto caro alla stampa internazionale: i giornalisti devono essere temuti dai politici, non viceversa. E non bisogna fare sconti per nessuno”. Ecco perché nel gruppo dei promotori di Pandora la scelta per la direzione è caduta su un giornalista tedesco: come garanzia di estraneità dai partiti, compreso quello della pagnotta, “così forte da costringere molti colleghi all'autocensura”. Ma come funzionerà Pandora?
“L'interfaccia principale resta, per il momento, il web: il sito camminerà su due binari, uno dei quali pubblicherà il materiale inviato dagli utenti registrati, che sarà vagliato da un curatore. L'altro sarà il lavoro prodotto dalle redazioni, che sono gruppi di professionisti dislocati in 4-5 città italiane, gli stessi che hanno realizzato il video promozionale (su www.pandoratv.it). 3700 persone hanno già aderito al progetto, e ci stiamo avvicinando alla cifra di 1000 persone che hanno sottoscritto, donando 100 € ciascuno.” Una campagna di sottoscrizione indispensabile per affrancarsi da qualunque padrone, creando uno strumento d'informazione democratico e partecipato. E un appello: “C'è qualcuno che non deve fare un favore a nessuno che sia disposto a portare servizi sulla realtà sarda? Magari questioni legate al conflitto d'interessi di Soru?” ha chiesto Gümpel . E poi un dilemma: le adesioni e gli ascolti varranno l'etichetta di Pandoriani, Pandoristi o Pandorini? “Non importa. Il concetto è che scegliete voi”.
Da Il Sardegna 03/12/08
Pista prioritaria
L’indipendenza per un’informazione reale
Paolo Maccioni *
Più di dieci anni fa Wolfgang Achtner, corrispondente dall’Italia per diverse testate anglo-americane, nel saggio “Penne, antenne e quarto potere” faceva a pezzi il sistema dell’informazione pubblica e privata del nostro Paese: sciatto, irregimentato, irresponsabile. Oggi la bocciatura è ancora più pesante.
Un altro corrispondente straniero in Italia, il tedesco Udo Gümpel, nei giorni scorsi a Cagliari ha spiegato perché, se non un altro mondo, almeno un altro giornalismo è possibile. Neo-direttore del nascente format Pandora, Gümpel trova assurdo ciò che a noi sembra normale: «La commissione di vigilanza Rai è composta da 40 parlamentari. Ergo la politica vigila sui giornalisti del servizio pubblico e li controlla. Al contrario sarebbero i giornalisti a dover controllare i politici. Nel resto del mondo i politici temono i giornalisti, i quali devono rendere conto solo ai cittadini, non sono subordinati a questo o a quel potere.» Dunque c’è sete di un’informazione libera ed indipendente. Un’utopia? All’estero esiste, è la norma. «Pandora è una scommessa che si può vincere, migliaia di persone hanno già aderito e si sono quotate e molti giornalisti, fra loro anche stranieri commossi e preoccupati per l’anomalia dell’informazione italiana, si sono offerti di collaborare. E non è un caso che abbiano scelto uno straniero per dirigere un format italiano. È più trasparente che un giornalista straniero non appartenga a consorterie di nessun tipo». Triste ma vero. È una garanzia.
*Scrittore
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